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Sintomer: «Troppa specializzazione nella politica»

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Yves Sintomer è professore universitario presso il dipartimento di scienze politiche dell’Université di Paris 8. Dal settembre 2006 è vice direttore del Centro Marc Bloch (Berlino). Collabora con la rivista Mouvements e con le Edizioni La Découverte

La XIX edizione “Incontri Europei ad Amalfi” quest’anno ha scelto come tema “Sulla democrazia. Realtà e immagini nel mondo contemporaneo” e ha portato sulla costiera importanti sociologi e studiosi.

Abbiamo approfittato dell’occasione – e di qualche minuto della serata conclusiva – per continuare una chiacchierata iniziata con Yves Sintomer e farla evolvere in una intervista condotta in un perfetto italiano.

Paziente, garbato, preparato sulla politica italiana tanto da far tentennare alcuni dei presenti (noi per primi) eppure straordinariamente disponibile al dialogo che porta avanti in una equilibrata mistura di curiosità e ironia. Potremmo definirlo 2.0, ma non sappiamo se approverebbe.

Yves Sintomer ad Amalfi
Yves Sintomer ad Amalfi

Prima domanda quasi inevitabile: attualmente come viene vista l’Italia dai francesi e dai tedeschi?

Nell’ambito del rapporto tra l’Italia e l’Europa, e di una sensazione diffusa di un declino del paese, il ritorno di Berlusconi ha significato una perdita di credibilità per l’Italia. Come Nicolas Sarkozy in Francia, Berlusconi non appare come una persona affidabile. E se Sarkozy sembra poco affidabile, Berlusconi trasmette addirittura un’impressione di pericolosità.

In Francia, invece? Soprattutto dopo il confronto elettorale Sarkozy-Royal e la vittoria del primo…

Il confronto tra Ségolene Royal e Sarkozy è stato un avvenimento molto importante, ma ha rappresentato più uno scontro di persone piuttosto che di ideologie e stili politici. Ci racconta anche del target elettorale di Sarkozy, che è stato votato da un elettorato maschile bianco, e della convinzione che l’effetto personalizzazione non durerà in Francia perché da alcuni mesi l’attenzione ai temi personali si sta rivoltando contro Sarkozy, sebbene all’inizio gli abbia portato una certa popolarità.

Il contrario della politica personale, è forse la politica più fortemente partecipata. Cosa ne pensa delle giurie cittadine suggerite da Segolene Royal quando è stata candidata contro Sarkozy nel 2007 come primo ministro francese? Come presidente del consiglio della regione Poitou-Charentes, che guida dal 2004, sta cercando di sperimentare modelli di una democrazia maggiormente partecipativa – anche forse in vista della candidatura a segretario del partito socialista opposta a quella di Bertrand Delanoë, sindaco di Parigi.

Sebbene il dibattito Ségolene-Delanoë non appassioni, le giurie cittadine suggerite da Ségolene sono un bel passo avanti nell’acquisizione di una maggiore prossimità dei cittadini alla politica, per quanto rappresentino un campione non rappresentativo, selezionato casualmente. 500 persone è rappresentatività, 30 è diversità ma non si può parlare di rappresentatività statistica.

Una curiosità più accademica: di cosa si sta occupando in questo momento?

L’utopia dell’azione zero: in alcuni contesti è meglio avere specializzazione meno ampia per affrontare la complessità del mondo moderno. Riguardo a molti temi politici la specializzazione porta ai governi tecnici, dove cioè le cose sono decise dagli specialisti. Ma come la scienza non è solo degli scienziati, ma è frutto di una cooperazione, questo è altrettanto vero per i politici.

In un certo senso, però, questa deriva di specializzazione è figlia della rappresentatività…

In un certo senso sì. Ci possiamo chiedere se una rappresentatività possa effettivamente prendere decisioni strutturali. Nel caso delle assemblee cittadine i suoi componenti sono coinvolti in un dibattito più allargato, sebbene si siano ascoltati anche numerosi esperti. Non penso al momento che un’assemblea possa decidere da sola su argomenti generali, o possa fare una proposta per una legge generale nella condizione attuale della democrazia.

Un libro da consigliarci?

La haine de la démocratie di Jacques Rancière (disponibile anche nella versione italiana “l’odio per la democrazia“)

(intervista a cura di Simone De Bellis e Valentina Porcu)

Nb: se avete appuntamenti da suggerirci o libri da consigliarci scrivete a info@spindoc.it


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